Nel settore dello sviluppo di software è possibile notare la presenza dei presupposti e degli approcci coaching. Grazie all’articolo del nostro allievo Giuseppe Maria Fusco, scopriamo come anche in ambito informatico viene adottato l’uso delle domande per ampliare consapevolezza ed efficacia professionale. Il manager stesso assume anche un ruolo di coach per il suo team di collaboratori, facilitandone il teamworking e l’analisi dei feedback da parte del cliente e dall’implementazione dei processi.
Ecco un estratto dell’articolo scritto da un nostro allievo della scuola di Coaching, Giuseppe Maria Fusco, Consulente IT e Coach.
L’aumento della complessità del mondo in cui viviamo: una realtà fatta da sistemi sempre più interconnessi tra loro, con mercati dai confini sempre meno definiti e con un numero sempre maggiore di attori che vi partecipano, ha mostrato i limiti del modello di micromanagement , in cui poche persone avevano la conoscenza di cosa fare e come farlo.
Peter Dreker, autore di fama mondiale per le sue opere sulle teorie di gestione aziendale, ha affermato che: “il lavoratore ha competenze dettagliate sul dominio in cui lavora rispetto al suo capo”. Si è quindi sviluppato un modello organizzativo basato su gruppi di persone che avessero competenze specifiche differenti e che fossero capaci di lavorare in gruppo.
In questi contesti, avere dei manager che dicano come operare è spesso impraticabile, o addirittura controproducente: è molto più utile adottare un approccio di facilitazione.
Per questa ragione, all’inizio di questo millennio, alcuni esperti di fama mondiale nel settore dell’informatica si sono riuniti per riflettere su cosa nella loro vita professionale avesse funzionato meglio nel produrre software.
Dalle loro riflessioni è nato quello che è oggi conosciuto come Manifesto Agile ed è “partito” il movimento Agile.[headline tag=”h2″ color=”color2″]Il Manfesto Agile[/headline]
Il manifesto agile dice che:
Stiamo scoprendo modi migliori di creare software, sviluppandolo e aiutando gli altri a fare lo stesso. Grazie a questa attività siamo arrivati a considerare importanti.
– Gli individui e le interazioni più che i processi e gli strumenti
– Il software funzionante più che la documentazione esaustiva
– La collaborazione col cliente più che la negoziazione dei contratti
– Rispondere al cambiamento più che seguire un piano
– Fermo restando il valore delle voci a destra, consideriamo più importanti le voci a sinistra
Nel contesto di sviluppo software in cui si adotta una metodologia di lavoro agile sono di grande importanza:
- la responsabilità e la motivazione, dato che non è il “il controllo dei capi” a garantire che il lavoro sia realizzato;
- il confronto delle esperienze e la capacità di trovare assieme nuove strade da percorrere non esistendo soluzioni “preconfezionate”;
- competenza e disciplina, in quanto sono le sole cose a garantire una performance individuale necessaria perchè ci sia quella del team;
- guardare la realtà e riconoscere con coraggio e onestà quanto ha funzionato durante il lavoro ed è utile conservare e quanto non ha funzionato e non è utile conservare.
[headline tag=”h3″ color=”color2″]Il Facilitatore come Mentor e come Coach[/headline]
Tutto ciò ha indotto il passaggio dal ruolo di manager, che diceva cosa fare, a quello di facilitatore. La convinzione che porta alla scelta di questo tipo di figura è che i membri del team hanno le risorse necessarie per realizzare il prodotto, e che quindi sono le performance individuali dei membri dei team e del team stesso ad aumentare le probabilità di raggiungere l’obiettivo.
Il facilitatore, opera principalmente come mentor e come coach: come mentor (o addirittura formatore, se il gruppo ha un livello di conoscenza rispetto al processo molto basso), aiutando i membri del team a implementare correttamente il processo Agile in uso, e come coach stimolando – generalmente mediante domande – consapevolezza di cosa si sta facendo e come, e stimolando l’impegno a mettersi “alla prova” al meglio delle proprie possibilità e nel rispetto del ritmo per l’attività del team. Come coach aiuta anche il team a trovare la propria implementazione del processo Agile in uso, quella più utile per il livello di maturità raggiunto dal team.
[headline tag=”h3″ color=”color2″]I processi Agili: iterazioni e meeting[/headline]
I processi agili prevedono che il lavoro sia diviso in iterazioni, che vanno da una a 4 settimane, in cui sono previsti meeting che coinvolgono i diversi attori del processo:
- un primo meeting in cui il team decide quali attività si può impegnare a realizzare nella iterazione che sta per iniziare, stimando le attività a maggior valore da realizzare;
- un meeting giornaliero di pochi minuti (5-15), in cui ciascun membro del team risponde a 3 domande (“cosa ho fatto ieri”, “cosa farò oggi”, penso ci possano essere ostacoli/impedimenti”);
- il meeting di demo di quanto prodotto durante l’iterazione, per avere un feedback su quanto è stato completato da parte di chi utilizzerà il prodotto;
- un ultimo meeting, chiamato retrospettiva, un momento in cui il team si ferma a riflettere su quanto ha funzionato di quello che ha provato e quanto no, ad analizzarne il perché e a ricercare nuove opzioni da implementare per l’iterazione successiva.
Il facilitatore ha un ruolo attivo durante tutti i meeting eccetto quello di demo:
– durante quello delle stime, stimola il confronto dei membri del team, principalmente attraverso domande sulle stime effettuate da ciascun membro, perché il team sia certo di avere le informazioni necessarie e di averle considerate;
– durante il daily meeting, si assicura che sia breve e che si risponda puntualmente alle 3 domande evidenziando l’avanzamento delle attività e se c’è qualcosa di bloccante;
– infine durante la retrospettiva, a partire da quanto presentato dai membri del team, pone domande per aumentare la consapevolezza dei membri e per aiutarli ad assicurarsi che quanto proveranno alla successiva iterazione sia utile al loro obiettivo e coerente con le riflessioni fatte.
Questo momento è il più importante per lo sviluppo del team, in quanto riflette su quanto ha sperimentato e quanto ha imparato dall’esperienza fatta.
Giuseppe Maria Fusco, Consulente IT e Coach
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