Quando parliamo di executive ci riferiamo a tutti i manager di prima linea e a coloro che alla prima linea riportano.
L’executive coach dunque si occupa dei leader e delle loro sfide, quelle che più hanno impatto sulle strategie aziendali e che direttamente da queste ultime derivano. Le correlazioni, sia con il business che con le persone, possono essere importanti e numerose, di conseguenza la sfida è impegnativa anche per il coach.
[headline tag=h2] Aree di rischio Executive Coaching [/headline]
Ma non è tanto questo l’aspetto critico quanto le peculiarità delle persone stesse e dei loro atteggiamenti. Il livello di commitment è solitamente molto elevato, difficilmente si incontrano persone disposte ad impegnarsi in un percorso solo in quanto deciso e predisposto dall’azienda, come a volte può capitare con figure posizionate più in basso nella scala gerarchica. Questo li rende potenzialmente degli ottimi coachee, motivati e con un buon grado di consapevolezza.
Ci sono però alcune aree di rischio.
La prima è costituita spesso da un discreto grado di diffidenza, sia nei confronti dello strumento che del professionista, non sempre l’executive è pronto a fidarsi ed a riconoscere al coach l’expertise o l’autorevolezza necessari. Può scaturirne a volte un atteggiamento sfidante o ambiguo che può disorientare il coach e tendergli alcune trappole comportamentali.
Anche gli obiettivi possono rappresentare una criticità, più di quanto già non accada normalmente. Infatti spesso gli obiettivi proposti sono meno concreti e specifici di quanto il coach si aspetterebbe e ciò può indurlo a “spingere” verso obiettivi più smart. Attenzione però: se da un lato la concretezza, la specificità e la governabilità dell’obiettivo sono valori che ne influenzano positivamente il grado di realizzabilità, dall’altra l’executive può giudicare come scolastici e quindi fastidiosi i tentativi di adeguare i suoi desiderata a questi parametri.
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